Le Grand Jorasse, corsa alla punta Walker

In rosso, la via Cassin alla punta Walker
In rosso, la via Cassin alla punta Walker

31 luglio 1938, ore 8 di un limpido mattino. Due giovani un pò rozzi, non molto alti ma sicuramente ben messi, entrano nel Rifugio Torino e chiedono a Leone Bron, il custode, dove si trovi il Rifugio Leschaux. Bron è un personaggio concreto nel modo di fare e di agire, i due non lo esaltano più di tanto, taglia corto … da loro qualche indicazione del tipo “in fondo al ghiacciaio a destra … “.

 

Dentro di se non può fare a meno di pensare “Ma dove vanno questi due … speriamo bene, là in fondo, con tutti quei crepacci … ”. Il ghiacciaio non li spaventa, arrivano al Rifugio Requin, trovano Jules Burnet, anch’egli custode del rifugio, al quale ripetono “Scusi la Gran Gioras?”. “Par la …” risponde sbrigativo Brunet coltivando gli stessi dubbi di Bron. Ne hanno visti passare di alpinisti veri, loro, Giusto Gervasutti, Pierre Allain, Armand Charlet, Rudolf Peters, nessuno dei due può immaginare che quei giovanotti saranno i primi a tracciare una via che farà epoca, una via sulla nord delle Grandes Jorasses, sullo sperone Walker, l’ultimo dei problemi delle Alpi. I due giovani sono Riccardo Cassin e Ugo Tizzoni.

 

Cassin non ha mai messo piede nel Massiccio del Monte Bianco. Sa però delle Grandes Jorasses per averle viste su una cartolina inviatagli da Vittorio Varale, giornalista di cui è amico. E’ con quella cartolina in mano che Cassin arriva al Rifugio Torino, sulla foto una vaga traccia indica lo Sperone Walker.

Negli anni ’30 i grandi “problemi” delle Alpi erano tre, guarda caso tre pareti nord: Cervino, Eiger e Grandes Jorasses. La nord del Cervino fu la prima ad essere conquistata, nel 1931, dai fratelli Franz e Toni Shmidt. Qualche anno dopo, nel 1938, in un clima di follia generale che porta odore di guerra in Europa, mentre le truppe tedesche fanno il loro ingresso in Austria, viene conquistata anche la nord dell’Eiger. Cassin viene da alcune conquiste di formidabile valore alpinistico ma non ha mai messo piede in Alpi Occidentali. Nell’agosto del 1934 ha tracciato una via di rara bellezza alla Torre Trieste, nel Gruppo del Civetta; nell’agosto del 1935 ha aperto un itinerario alla parete nord della Ovest di Lavaredo, ancora oggi, una delle classiche più desiderate; nell’agosto del 1937, seppur con grande dolore per la morte di alcuni compagni, è riuscito in un’impresa che ancora oggi fa scalpore, la conquista della parete nord-est del Pizzo Badile.

Agosto, agosto, agosto … contrariamente alla sua fama di alpinista rude, Cassin è un po’ uomo alla Vinatzer, sempre alla ricerca delle migliori condizioni. Anche le Grandes Jorasses furono conquistate in agosto così come il Gasherbrun IV, in Karakorum, vinto nell’agosto del 1958. Unica eccezione, fra le sue conquiste più celebrate, il Mc. Kinley, vinto nel mese di luglio, poco prima.

Torniamo a noi, alla nostra storia. Nel 1937 Sandri e Menti muoiono nel tentativo di raggiungere la cima dell’Eiger, il tentativo si trasforma in tragedia. Mosso dal desiderio di conquistare quella tetra parete, il 24 luglio del 1938 Cassin torna con Esposito e Tizzoni alla base dell’Eiger, ma è troppo tardi. Heckmair – il grande Heckmair, uno tosto – è già in parete, ha attaccato il 20 luglio ed è già nel terzo superiore della nord. Con lui il fido compagno Ludwig Vorg e l’austriaco Fritz Kasparek, alpinista di talento. Con loro anche un quarto compagno, tale Harrer, che nemmeno si era portato i ramponi. Per fortuna però c’è Heckmair; il 25 luglio 1938 uscirà sulla vetta dell’Eiger. Per Cassin è un brutto colpo, l’Eiger è saltato! Il giorno stesso del suo arrivo a Grindenwald torna a Lecco per concentrarsi sull’altro obiettivo già programmato: lo Sperone Walker

 

 

Chissà se il ritardo di Cassin, dipeso dalla tardiva consegna del passaporto a Tizzoni, ha modificato la storia dell’alpinismo. Se lo è chiesto anche Georges Livanos: “Quel passaporto ha modificato la storia dell’alpinismo? Chi lo può sapere … Cassin non era uno specialista del ghiaccio? Si era allenato abbastanza per esserlo … l’Eiger non richiede dei virtuosi del ghiaccio o della roccia, ma degli uomini duri, delle bestie indistruttibili … ma a che serve abbandonarsi a questo gioco di supposizioni … il peso di un passaporto, il peso di qualche foglio di carta, inclinò l’ago della bilancia.” (Cassin, c’era una volta il sesto grado di G. Livanos – Edizioni Dall’Oglio – marzo 1984).

Il 30 luglio, a notte fonda Cassin arriva a Courmayeur in compagnia di Tizzoni. Il 31 luglio, dopo le vicende di cui ho già accennato, arrivano ai piedi delle Grandes Jorasses. Le condizioni della parete non sono ideali ma Cassin non lo sa, non l’ha mai vista prima. Guarda negli occhi Tizzoni: “E’ fattibile!” dice, la decisione è presa. Il 31 luglio stesso tornano al Rifugio Torino. Leone Bron, il custode, comincia a prenderli sul serio, forse quei due non sono così sprovveduti come pensava se in giornata sono arrivati fino alla crepaccia terminale delle Grandes Jorasses ed ora sono di nuovo lì. Il 1 agosto Cassin scende a Courmayeur, avvisa Esposito di raggiungerlo con l’artiglieria pesante.

Lo stesso giorno due grandi alpinisti, Pierre Allain e Raymond Leininger fanno il loro ingresso al Rifugio Leschaux. Allain, un vero innovatore e certamente un po’ superiore a Cassin sulla roccia pura, oggi diremmo nella libera, aveva già attaccato lo sperone l’anno prima con Edouard Frendo ma era dovuto tornare sui suoi passi. Adesso è più che mai deciso, attaccherà di nuovo, il tempo è stabile, l’umore ottimo. Ma proprio la ricerca della “libera”, senza compromessi all’artificialismo, lo condizionerà a tal punto da rinunciare anche a questo tentativo. Allain non conosceva Cassin, non lo aveva probabilmente mai sentito nominare, per lui il centro del mondo era Chamonix, un po’ come per Charlet, non sapeva che la superiorità del Riccardo era proprio quella di ricorrere senza freni all’artificiale, quando si rendeva necessario, e nella quale possedeva un’esperienza shiacciante, tecnica invece ignorata del tutto da Allain. E tantomeno sapeva, Allain, che proprio al Badile Cassin aveva dimostrato di non soffrire di mancate raffinatezze così come sulle formidabili muraglie dolomitiche dove aveva dimostrato che si poteva salire anche dove le difficoltà si susseguono una dietro l’altra, senza interruzioni. L’importante è vincere.

La nostra storia sta per finire, il resto è solo cronaca. Il 3 agosto i nostri sono di nuovo al Leschaux, il rifugio è vuoto. Il 4 agosto Cassin scrive sul libro dei visitatori “4 agosto 1938, una del mattino, partiamo per la Valcher”. Non sa nemmeno come si scrive, che il vero nome è Walker, d’altra parte la W e la K non fanno parte del vocabolario di italiano. Molti alpinisti ancora oggi la chiamano Valcher. Giusto Gervasutti e Arturo Ottoz si lanciano all’inseguimento di Cassin, dopotutto sono in due quindi più veloci di una cordata di tre e soprattutto contano di trovare qualche chiodo lasciato in parete da Cassin che faciliti loro la progressione. Ma il tempo non sarà benevolo nei confronti del “Fortissimo”, Cassin è già oltre metà sperone, Gervasutti rinuncia. Nel primo pomeriggio del 6 agosto, dopo tre giorni in parete, Cassin, Esposito e Tizzoni escono in vetta alle Grandes Jorasses nel bel mezzo di una tempesta di neve. Dovranno bivaccare ancora una volta, poco sotto la cima, il 7 agosto rientrano alla Leschaux, la sera stessa sono già ad Entreves.