La morte di Gunther Messner

Gunther Messner
Gunther Messner

Reinhold Messner è sicuramente l’alpinista più famoso in Italia e certamente uno dei più conosciuti nel mondo, uomo dal carattere sfaccettato e di idee spesso radicali a tratti anche coinvolto in polemiche politiche resta comunque uno degli alpinisti più forti della storia, la lista delle sue imprese è di facile reperibilità, mi limito a ricordare che fu il primo a scalare i 14 giganti oltre gli 8000 metri senza usare le bombole di ossigeno, in un periodo in cui moltissimi sostenevano che questo fosse impossibile.

Meno nota della sua lista di imprese è invece la polemica drammatica che lo vide protagonista per molti anni, riguardante la misteriosa morte del fratello.

Nel 1969 Reinhold è già una stella nel mondo alpinistico e viene invitato a prendere parte ad un tentativo austriaco di scalata al Nanga Parbat una montagna di 8125 metri di quota che si trova in Pakistan e reca con se una triste serie di incidenti mortali.

Per Reinhold è un opportunità unica, il Nanga rappresenta per lui molto più di una salita oltre gli ottomila, è la montagna vinta per la prima volta da Hermann Buhl, un alpinista austriaco che Messner ha più volte indicato come una delle figure che più lo hanno ispirato. Come se questo non fosse abbastanza, è il primo ottomila himalayano che Reinhold ha la possibilità di scalare.

Alla fine del 1969 a causa di una defezione, Gunther, il fratello di Reinhold entra a far parte della spedizione.

Reinhold avrebbe dovuto essere il primo a portare l’attacco decisivo dall’ultimo campo base alla cima, sarebbe dovuto salire da solo, seguito poi dagli altri membri in cordata, per questo motivo, partì verso la vetta senza corda. Il 27 giugno 1970 Reinhold è diretto alla vetta quando si rende conto che il fratello Gunther ha deciso di seguirlo, nessuno degli alpinisti presenti al campo darà mai una versione chiara del motivo per cui Gunther seguì il fratello, nè se ci furono tentavi seri per dissuaderlo; realisticamente tutti pensavano che la cordata di supporto avrebbe trovato i fratelli in cima o avrebbe comunque portare aiuto a Gunther se quest’ultimo si fosse trovato in difficoltà.

I fratelli Messner giunsero insieme in vetta, ma quella salita aveva provato molto Gunther che cominciava a soffrire di acuti attacchi di mal di montagna, tentarono un bivacco, ma le condizioni di Gunther non miglioravano e non si poteva aspettare oltre, la cordata di appoggio avrebbe impiegato troppo tempo e Gunther aveva un bisogno disperato di scendere di quota.


l'ombra dei sospetti

Il versante da cui erano saliti era noto con il nome di versante Rupal, le difficoltà tecniche di quel versante erano molto elevate e Reinhold lo giudicò impossibile da ridiscendere con Gunther ormai in preda alle allucinazioni dovute alla mancanza di ossigeno. Scelse quindi di scendere dal versante opposto chiamato Diamir e fino ad allora inesplorato. Reinhold inizio una discesa negli abissi di neve e ghiaccio aprendo la strada al fratello minore, in un inferno di crepacci e seracchi bivaccarono una seconda volta, appena ebbero recuperato le forze continuarono a scendere.

Ormai senza più viveri, la discesa sembrava interminabile, ci vollero ore, impossibile dire quante, prima di giungere vicino ai pendii finali dove i ghiacciai perdono la loro pendenza e conducono alle valle.

Erano finalmente usciti da quell’inferno, Reinhold si voltò per aspettare Gunther che scendeva circa 150 metri dietro di lui, ma Gunther non arrivò mai. Era svanito nel nulla.

Messner cercò il fratello per tutta la notte e per tutto il giorno successivo, ma non trovò nulla se non le tracce di una slavina che secondo lui era la causa della scomparsa.

In condizioni drammatiche, disidratato, semiassiderato riprese a scendere.

Fu salvato da alcuni pastori che credettero di trovarsi di fronte ad un fantasma, seguendoli Reinhold per puro caso incontrò il resto della spedizione che ormai li dava entrambi per morti e che probabilmente non si era neppure prodigata molto nelle ricerche dei fratelli Messner.

Reinhold perse in modo parziale o totale 7 dita dei piedi, per questo motivo dovette ritirarsi dall’arrampicata tecnica per dedicarsi prevalentemente alle grandi imprese Hymalayane, e dovette comunicare ai genitori la morte del fratello minore.

Basterebbe la metà di quanto accaduto per rimanere segnati a vita, eppure il peggio doveva ancora arrivare, ben presto cominciarono a circolare voci e bisbigli nel mondo alpinistico, si diceva che Reinhold avesse abbandonato il fratello in vetta perché smanioso di essere il primo uomo a salire un ottomila senza ossigeno e compierne la traversata in solitaria scendendo dal versante opposto.

Gli contestarono di non aver atteso i soccorsi in vetta e di non essere ridisceso da una via che seppur più complicata, era conosciuta e lo avrebbe comunque ricondotto dagli altri membri della spedizione invece di obbligarlo ad una discesa nell’ignoto durata tre giorni e tre notti.

Reinhold rispose colpo su colpo ad ogni accusa, spiegò nei dettagli ogni aspetto di quella vicenda, ma presto si rese conto che il buon senso avrebbe suggerito l’esatto opposto di quello che fece, Reinhold chiamò in causa anche l’assenza di ossigeno è l’ansia per la sorte del fratello per giustificare le sue controverse scelte, ma per molti quelle parole somigliavano più ad una confessione.

Furono addirittura due membri di quella spedizione a pubblicare un libro in cui accusavano apertamente Reinhold della morte del fratello, che secondo loro fu addirittura abbandonato prima di raggiungere la vetta.

Reinhold fu sempre chiaro e risoluto nell’indicare il punto in cui, a suo parere, Gunther era stato investito dalla valanga, alla base del versante Diamir, tragicamente vicino alla salvezza.

30 anni dopo, nel 2000 i ghiacciai del versante Diamir restituirono un osso, gli esami del DNA confermarono che era di Gunther.

Ma non fu sufficiente, i detrattori dissero che questo provava solo che Gunther era giunto in cima ma nulla di più, potrebbe essere stato abbandonato poco dopo l’inizio della discesa, per molti Reinhold continuava ad essere il responsabile della sua morte.

Nel 2006 fu ritrovato un corpo, Reinhold si recò di persona a controllare, a 4600 metri di quota, giaceva il corpo del fratello, esattamente dove lui aveva sempre detto che si trovava, forse aveva anche fatto la scelta sbagliata in quel triste giugno di 36 anni prima, ma di certo non aveva abbandonato il fratello.

La religione tibetana impose la cremazione del corpo ma Reinhold riuscì a trafugare alcuni resti del copro per sottoporli ad esame del DNA, non c’erano più dubbi era proprio Gunther.

Dopo 36 anni il mistero, che per Reinhold non era mai stato tale, era finalmente svelato e il signor Messner, giustamente, si tolse qualche sassolino dagli scarponi.